La rottura come cambiamento ed innovazione

Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo. Mi sono fermata più volte a…

Si dice che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo.

Mi sono fermata più volte a riflettere sul significato di questa affermazione ed ho concluso che il mondo è costituito da equilibri; equilibri leggerissimi e delicati al punto che una piccola farfalla può arrivare a turbarli irreparabilmente. 

La rottura di questo bilanciamento, inoltre, provoca effetti esponenzialmente maggiori della causa iniziale che lo ha sconvolto. 

L’equilibrio da mantenere

Il presente in cui viviamo è costantemente sottoposto a questo genere di forze esterne e cerca di rimanerne imperturbato, mantenendo staticità. 

Quale impresa può però risultare più folle di questa; basti ad esempio pensare alla necessità di accrescere la potenza economica di un paese e contemporaneamente non pesare eccessivamente sulla fascia più povera della popolazione, rendendola ancor più precaria. 

Oppure soddisfare la necessità di profitto nel breve termine degli investitori e dall’altro lato favorire l’imminente urgenza di misure sostenibili. 

L’uomo ha sempre avuto enormi difficoltà a mantenere tali equilibri, portando invece molto più frequentemente alla rottura degli stessi.

Questo è avvenuto attraverso rivolte, immigrazioni o innovazioni che hanno a loro volta portato a cambiamenti ed a nuovi equilibri da mantenere. 

Il caso degli immigrati dalla Bielorussia

La recente ondata migratoria che ha sconvolto gli equilibri politici, economici e sociali tra Polonia e Bielorussia ne è un esempio perfetto. 

La rivista “internazionale” riporta il titolo “il nuovo muro d’Europa”. Questo muro può essere interpretato come una barriera atta a conservare un equilibrio interno ed a impedire, dall’altro lato, una rottura. 

Due nazioni si fronteggiano, con due equilibri ed interessi opposti da mantenere: da un lato la Bielorussia, la cui economia è stata colpita profondamente dai provvedimenti europei, che usa gli immigrati per creare pressione sul confine; dall’altro lato la Polonia, che sfrutta la sua potenza per respingere chiunque voglia oltrepassare il muro violando i diritti umani. 

La resilienza

Come possiamo però pensare di progredire e di migliorare se costringiamo questi rapporti sociopolitici ed economici a rimanere invariati? Come possiamo in questa cornice di staticità inserire il cambiamento e l’innovazione?

Ascoltando queste notizie e ragionando sul concetto di equilibrio fra Stati ho subito pensato ad una parola: “resilienza”. Questo termine, soprattutto nell’ultimo anno, è entrato a far parte del vocabolario di molti e ad assumere significati anche impropri. In effetti “resilienza” ha diverse sfumature, nello specifico vorrei illustrarne due:

1. (fis.) proprietà dei materiali di resistere agli urti senza spezzarsi, rappresentata dal rapporto tra il lavoro necessario per rompere una barretta di un materiale e la sezione della barretta stessa.

2. capacità di resistere e di reagire di fronte a difficoltà, avversità, eventi negativi ecc.: resilienza sociale.

(Treccani)

In entrambe le definizioni possiamo trovare il concetto di equilibrio, una fragile staticità da mantenere dopo un violento impatto, che creerebbe, invece, una rottura. La frattura del sistema è associata ad una problematica da risolvere e da gestire.

Nel corso della storia abbiamo però assistito a molteplici esempi della necessità di deviare dallo status quo, comportamento che ha condotto ad innovazioni del modo di pensare e di agire.

La rottura di un equilibrio precario ed instabile, se mossa dalle giuste forze esterne, può generare nuove possibilità e favorire un cambiamento positivo.

Temere che queste fratture possano danneggiare l’equilibrio interno di un sistema ne bloccherà il progredire e non favorirà il cambiamento.