Trenta anni fa crollava il muro di Berlino, ma nell’Unione Europea c’è ancora una capitale divisa da un muro. Per scovare questa città basta recarsi nel mar Mediterraneo orientale, sotto la penisola turca e di fronte alla costa siriana, e approdare nell’isola di Cipro. Nicosia, infatti, è la capitale, ultima in Europa e unica al mondo, ad essere separata da uno sbarramento di cemento e filo spinato.
Nicosia detiene questo primato, ma nel nostro pianeta sono ancora numerose le barriere fisiche che dividono territorio e popolazioni, espressioni delle volontà sovraniste, oltre che degli interessi di natura economica e geopolitica.
Nel mondo, infatti, si contano una settantina di “muri”, e vicino Cipro si trova la testimonianza più conosciuta e controversa di separazione: il confine che divide Israele dalla Palestina. Piccole o lunghe, note o meno dibattute che siano le linee di separazione incidono profondamene sulla vita delle persone e creano fratture di difficile ricomposizione, perché quasi sempre generate da conflitti con vittime e distruzioni.
E non basta, come a Cipro, denominare “linea verde” lo spartiacque fra greco-ciprioti (cristiano-ortodossi) e turco-ciprioti (musulmani) per edulcorare la situazione.
La linea cuscinetto sotto il controllo dell’ONU (United Nations Peacekeeping Force in Cyprus) si estende per 180 km e taglia di netto il territorio da nord-ovest a sud-est, compresa la capitale. Nicosia è così scomposta in due zone, separate dal cemento, dal filo spinato e dai palazzi distrutti dall’esercito turco, che nel 1974 invase l’isola.
Lo sbarco ebbe luogo per controbattere il tentativo di annessione di Cipro da parte dei colonnelli greci e decretò la fine di un equilibrio, seppur instabile e funestato da persecuzioni e massacri, che le due etnie avevano mantenuto dalla proclamazione della Repubblica il 16 agosto 1960.
Le forze armate turche occuparono la parte dell’isola più fertile e più ricca di acque, per cui, pur impadronendosi di un terzo del territorio, acquisirono la metà della produzione agricola e ortofrutticola.
In conseguenza, circa duecentomila greco-ciprioti furono costretti ad abbandonare le loro case e rifugiarsi nel sud del paese (i ciprioti sono circa un milione e solo il 18% è di etnia turca). La quasi totalità non è rientrata nelle loro abitazioni e molti non hanno mai varcato il confine artificiale per rivedere i luoghi d’origine.
Dopo il cessate il fuoco nell’agosto 1974, l’isola è stata divisa in due tronconi: a sud i greci cristiano-ortodossi (Repubblica di Cipro), con il riconoscimento della comunità internazionale, mentre a nord i turchi musulmani (Repubblica turca di Cipro del Nord), appoggiati dal solo governo di Ankara.
I turchi introdussero anche la lira turca come valuta legale e istituirono una banca centrale turca per consolidare l’annessione della parte nord dell’isola. Il risultato ancor oggi visibile è un’isola dalla doppia anima: due nomi, due lingue, due monete, due stili, due culture.
Senza dimenticare che l’Inghilterra – di cui Cipro è stata colonia dal 1923 al 1959 – ha mantenuto sull’isola una base militare navale, vista la posizione strategica nel Mediterraneo.
La netta demarcazione fra greci e turchi è rimasta invalicabile per quasi 30 anni; solo nel 2003 i capi delle due comunità raggiunsero un accordo per l’apertura di punti di passaggio e nel 2008 concordarono anche il check-point, attraversabile solo a piedi, nel centro di Nicosia, sulla via Ledra, presso l’Hotel Ledra Palace.
Una zona delimitata da filo spinato, bidoni di lamiera e cemento e al suo interno da palazzi e negozi abbandonati.
Il passaggio è situato nel cuore della città, nella più importante strada pedonalizzata dello shopping e dei ristoranti. La presenza dei militari è oramai una vista abitudinaria e non determina stati di tensione. Il flusso delle persone e dei turisti procede tranquillamente ed è cadenzato dagli agenti posizionati nei rispettivi posti di controllo.
I varchi per attraversare il muro tinteggiato di bianco e blu sono distanti una quindicina di metri e in ciascuno di essi occorre sottoporsi ai medesimi accertamenti, ma con il passaggio cambiano radicalmente l’atmosfera, l’architettura, i costumi.
Nonostante i numerosi tentativi, colloqui, tavoli tecnici svolti dai rappresentanti istituzionali nel corso dell’ultimo quinquennio non si è concretizzata alcuna possibilità di riunificare l’isola.
Esiste però una parte della popolazione che auspica il ritorno ad un’unica entità e si impegna, insieme a varie associazioni, a promuovere un obiettivo di riconciliazione, come testimoniano alcuni murales e iscrizioni per la riunificazione dell’isola: “No borders no nations, united Cyprus”,”The wall can’t divide us”.
Tutti questi attivisti orientano i loro sforzi alla creazione di un dialogo interculturale che superi qualunque barriera concettuale e sviluppi una solida base su cui costruire un futuro comune e condiviso. I principali soggetti coinvolti nel processo educativo sono, ovviamente, le giovani generazioni che risultano immuni da tragici ricordi, sono prive di pregiudizi e non sono ancora sclerotizzati nel contesto sociale.
Ma il percorso per recuperare un’identità, una storia, una società comune è ancora lungo e oggi il muro continua a dividere Nicosia resta una linea separa il Paese.
Nonostante gli sbarramenti, Nicosia è una città viva, ricca di storia e spunti interessanti. Per averne conferma basta passeggiare nelle vie cittadine in un ambiente contrassegnato dagli innumerevoli elementi di cultura occidentale e orientale.
Nella Nicosia turca meritano una visita sia la piazza centrale Ataturk Meydani, dove si erge la Colonna Trionfale Veneziana, sormontata da una palla di granito che ha preso il posto del leone di San Marco, sia la Moschea Selimiye, in origine (1200) cattedrale cattolica di Santa Sofia poi convertita dopo la conquista ottomana (1570) con l’aggiunta di due minareti.
Nella parte sud, greco-cipriota, è imperdibile la città vecchia con le sue stradine racchiuse tra le mura veneziane che furono costruite, senza successo, per proteggere la città dagli Ottomani. Sono inoltre da menzionare la porta di Famagosta, uno degli accessi militari alle Mura, e la chiesa bizantina di Agios Ioannis, cattedrale della città.
La storia di Cipro, come molte altre, contempla l’alternanza di dominatori che nei secoli hanno invaso l’isola e hanno colonizzato una popolazione mite e pacifica. Romani, greci, bizantini, ottomani, francesi, veneziani, inglesi: tutti hanno lasciato una loro impronta che, in ultimo, determina lo stile mediterraneo.
Il muro che attraversa Nicosia e Cipro rimane uno dei tanti cancri sociali da estirpare, ed è ancor più assurdo il mantenimento di una barriera nell’isola che ha visto la nascita di Afrodite, la dea della bellezza e dell’amore.
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