Ricomincio da Vienna

Cercare l’anima di una città per ritrovare la propria. Contrasti: tra paesaggi di palazzi bianchi e un mercato colorato; tra emozioni splendenti di Klimt e tormentate di Schiele.

Vallo a capire perché ci assuefacciamo.

Un giorno il free jazz punk inglese ci entusiasma, proprio come L. e la sua camera rossa a Milano e il giorno dopo vorremmo solo ascoltare bepop tra i palazzi Viennesi.

No, non è colpa tua, sono io.

Puoi perdonarmi?

Andrò a vivere in Provenza, anzi in Austria.

Scusa.

Hai ragione sto scappando.

È che sai, vallo a capire perché ci assuefacciamo.

Eppure succede.

Ho già preso il biglietto.

Allora addio.

Staremo bene. Lontani.

E butta quei dischi di free jazz punk inglese, fanno schifo.

Colpa dell’assuefazione, a lui, a me, a Milano, a noi.

All’odore di casa e al caos urbano.

Assuefazione alla noia, alla rabbia, alla tristezza.

Diventa tutto un’unica cosa quando parliamo di cinismo.

Cinismo represso, compresso, setacciato, distillato.

Riproposto in chiave ironica, su un piatto di argento o come oro colato, tra una cena e un litigio, tra i denti o sullo stomaco.

Rallenti.

Rallenti e poi ti fermi.

Pausa.

Stop.

Punto a capo.

Ricomincia tutto da capo. Ricomincio da Vienna.

Dall’aeroporto al belvedere

Vienna-Schwechat, aeroporto internazionale. Ascolto la voce calma della hostess che ti congeda con lo stesso tono con cui ti spiegava le procedure per salvarsi in caso di incidente mortale.

Sorrido e penso che lo scontro mortale in realtà c’è stato: collisione tra la tua vita passata e Vienna, tra il vociare milanese e il silenzio austriaco. Tensioni accumulate in anni si sciolgono in pochi istanti: fuori nevica.

Nevica ma tutto funziona e in poche ore passo dalla periferia all’eleganza del quartiere Landstraße, a sud del centro storico di Vienna.

Collegati da un ampio e geometrico giardino innevato sorgono i due castelli del Belvedere: il Belvedere superiore e il Belvedere inferiore.

Quasi cromaticamente indistinguibili dal resto del paesaggio bianco, rappresentano uno dei capolavori dell’architettura barocca austriaca. Progettati nel diciottesimo secolo dall’architetto Johann Lukas von Hildebrandt, divennero la residenza estiva del principe Eugenio di Savoia.

Percorro in silenzio la strada in salita: sulle statue bianche si poggia la neve come una seconda pelle, i corvi nero pece spiccano come macchie d’inchiostro sulle siepi innevate e tutto sembra rimanere immobile ed eterno. Come sotto un incantesimo l’aria rimane sospesa e tu cammini piano con la sensazione di essere in un altro tempo.

Raggiungo la Österreichische Galerie Belvedere, la più importante collezione artistica austriaca: il Belvedere superiore ospita opere di arte moderna del 1900 con Klimt, Egon Schiele e Oskar Kokoschka; mentre nel Belvedere inferiore, detto Prunkstall, sono custodite le opere medievali.

Abbandono momentaneamente ogni pudore davanti al Bacio di Klimt emi commuovo, senza pensieri se non per quei dettagli che mai avevi potuto notare e qui realizzi, timidamente, che a questo bacio mai ti potrai assuefare.

“Secessionista Viennese, vedo che le piace”. La guida italiana, una signora alta dai capelli rossi mi sorride gentile e parla lenta con l’accento tedesco a rendere la sua parlata musicale.

“Deve assolutamente scoprire l’arte di Schiele, allievo di Klimt. Il Leopold Museum ospita un ritratto fatto al maestro, Gustav Klimt im blauen Malerkittel. Sono sicura le piacerà. Potrà notare i chiarissimi richiami all’arte di Klimt, ma con un qualcosa di moderno in più che rende l’arte dell’allievo più viva, più concreta, più vicina a noi forse”.

Guarda Il Bacio e, rivolgendosi direttamente a Klimt, si scusa umilmente per poi tornare a sorridermi.

“Se vuole l’accompagno. Ho finito il turno qui”.

“Volentieri sì, dove si trova il museo?”

“MuseumsQuartier, nel distretto di Neubau”.

“Prendiamo prima un caffè?”

“Io devo passare dal mercato, possiamo prenderlo lì”.

Il mercato, il palazzo della secessione e Klimt

Bancarelle di fiori aprono il mercato della capitale austriaca.

“Si sarebbe mai aspettata tutti questi colori a Vienna? I turisti arrivano credendo di trovare una città fredda e grigia e rimangono tutti felicemente sorpresi davanti ai suoi mille colori”.

Effettivamente la lunga via del mercato che ci ha appena accolte è traboccante di profumi e colori, un caotico e piacevole quartiere delle meraviglie, capace di proporti, con voce squillante, ogni tipo di prodotto austriaco ed europeo: “Kaffee! Kase! Gewürze!”. Sorrido al canto, uguale in tutto il mondo, dei commercianti.

NaschMarkt è situato sul letto interrato del torrente Wien e comprende 120 bancarelle. Ideato e costruito alla fine del ‘700 può essere considerato il luogo ideale per comprendere l’anima di questa splendida città o il luogo migliore per fermarsi, subito dopo le bancarelle dei vestiti, in un piccolo locale a bere un caffè circondati da studenti e turisti.

“Poco distante da qui c’è il Palazzo della Secessione, se le piace Klimt non può non andare”.

L’edificio che mi si prospetta davanti è candido, geometrico: parallelepipedi bianchi sormontati da una cupola con decorazioni di foglie di alloro in metallo dorato a contrasto.

Il Wiener Secessionsgebaude è il capolavoro architettonico in stile Liberty dell’architetto Joseph Maria Olbrich. Disegnato nel 1897, il palazzo divenne sede del movimento della Secessione e luogo di esposizione di tutta l’arte d’avanguardia viennese rifiutata e denigrata dall’arte ufficiale.

“Pensi che i critici all’epoca lo accolsero con orrore. Dissero che somigliasse più a un gabinetto o a un magazzino, che a un palazzo di esposizioni d’arte. Ma al suo interno è custodita la mia opera preferita di Gustav Klimt, una narrazione più che una semplice pittura”.

ll Fregio di Beethoven difatti è un ciclo di immagini dipinto da Gustav Klimt, lungo 34 metri e alto 2 metri, disposto su 3 pareti di una sala interna del Palazzo della Secessione.

Ispirato ad alcuni motivi della nona sinfonia di Ludwig van Beethoven fu collocato nel palazzo nel 1902, per una mostra che rendeva omaggio al compositore tedesco e lì rimase fino ad oggi. Klimt ci narra con stile illustrativo i tentativi dell’uomo di raggiungere la Bellezza, in un tripudio di oro e colori, infiniti dettagli e materiali.

“Quando è pronta mi dica, che l’accompagno verso l’ultima tappa della giornata”.

La scoperta di Egon Schiele

Il Leopold Museum, al contrario di ciò che ci si potrebbe aspettare dall’architettura esterna imponente, è molto accogliente e, come tutti i luoghi viennesi, estremamente curato e silenzioso.

All’interno la luce regna sovrana tra gli spazi ampi e minimalisti ed è impossibile non notare i richiami in stile Liberty dell’intera struttura.

“Qui è ospitata la più grande collezione del mondo di Egon Schiele. La maggior parte delle opere sono di proprietà del collezionista Rudolf Leopold. Lei conosce l’arte di Schiele?”

Al mio no lei sorride: “Mi segua immediatamente al terzo piano!”

Vi ritrovate ad ammirare 42 dipinti e 187 opere grafiche come se voi e la stanchezza non foste compatibili, mentre voi e l’arte sì, talmente sì che non riuscite a non divorarvi con gli occhi e lo spirito ogni opera tormentata del pittore viennese.

È qui che scopro un nuovo mondo, il nuovo volto di una Vienna ormai lontana ma sempre in qualche modo attuale e vicina a te. Qui trovi l’arte di Schiele e la sua interpretazione della realtà tra decadenza e nevrosi. Davanti alle tante tele ti viene in mente una parola ricorrente: intensità.

“Ciò che sta guardando è violenza malinconica e sensuale. Pervade l’opera e lascia noi spettatori inermi davanti a tanta forza creativa”.

Restate in silenzio, in adorazione di quei ritratti, così tormentati, “sporchi” e macabri, che hanno reso Schiele l’unico fino ad oggi capace di presentarti, attraverso la pennellata, le sue fragilità, rendendole belle, rendendole opera d’arte.

“Credo che il nostro giro si sia concluso nel migliore dei modi, non trova? Io sono esausta, ma estremamente felice di averla introdotta a questi grandi artisti viennesi”. La signora dai capelli rossi mi scruta per poi continuare senza lasciarti rispondere: “Starà qui per molto?”

“Non lo so, scappavo dal caos e dall’ apatia milanese. Pensavo di rimanere molto”.

“Ne sono lieta, Vienna, per quanto fredda possa essere, è una città capace di scaldare i cuori. Sarà per via dell’alcol!” Ride felice tirando indietro la testa.

“Oggi ha conosciuto l’arte di Vienna, ma la sua anima la conoscerà con il tempo. Forse allora potrà apprezzare appieno ogni opera vista, comprenderla meglio. Il passato delle città è in qualche modo vivo anche nel presente. Un po’ come le persone, non trova?”

Annuisco stringendole la mano. “Arrivederci”.

Metto gli auricolari nelle orecchie e tra le note allegre del bepop, il sole tiepido e i palazzi chiari, penso che non esista luogo migliore da scoprire per ricominciare tutto con calma, con ordine e come sospesi in un altro tempo.

Sorrido e imitando la voce della hostess mi ripeto un’ultima volta: “Benvenuta a Vienna”.

Testo e foto: Emma Matilda Ingrosso