Rodi, l’isola del sole e dei cavalieri

Dalle case bianche, l’acropoli e la spiaggia di Lindos alla città vecchia di Rodi, ellenica, ottomana e un po’ anche italiana.

“Benvenuti nell’isola del sole”. Con queste parole ci ha accolto Spiritulla, per gli amici Spiri, la guida che ci ha accompagnato alla scoperta di Rodi. Una donna dalla tipica bellezza mediterranea, con occhi intensi e profondi, che con modi caldi e gentili ci ha preso per mano e condotto alla visita dell’isola.

La leggenda narra che Rodi, la più grande del Dodecaneso e la più orientale delle maggiori isole dell’Egeo (a soli 17 km delle coste della Turchia), fosse la dimora preferita del dio Sole che, come dice Spiritulla, riposa sopra le teste dei suoi abitanti ed è per questo che qui, il sole splende per circa 300 giorni all’anno.

La prima tappa di questo viaggio è stata Lindos, un suggestivo villaggio di case bianche che si trova a circa 55 km da Rodi città. L’intera isola è calcarea, arida e guardando intorno è facile scorgere una diffusa presenza di arenaria, una roccia sedimentaria composta di granuli. È molto simile al tufo e in antichità veniva utilizzata per costruire le abitazioni dei cittadini. A fare da contraltare a questo panorama arido, c’è Lindos che invece si caratterizza per una forte presenza di coltivazioni e quindi molto fertile.

Lindos è protetta da una rocca fortificata dai Cavalieri di San Giovanni (ordine religioso nato, come i Templari, durante le Crociate), sulla quale sorgono l’Acropoli e il tempio dorico di Athena Lindia. Per raggiungerle bisogna entrare nel centro storico del villaggio, che conserva perfettamente il suo carattere medievale con strade strette e case prevalentemente in pietra, intonacate e imbiancate.

Generalmente queste case hanno un cortile pavimentato disegnato con ciottoli bianchi e neri e l’immancabile terrazza con le ringhiere dei balconi in ferro battuto. Le stradine sono piene di negozi, di bar e ristoranti ed è facile incontrare gruppi di asinelli utilizzati da molti turisti per fare il giro della città e per salire alla rocca.

Uno dei simboli del villaggio è il trimolia, un’imbarcazione a tre remi, simile a quella usata dagli ateniesi ma con meno file di remi che la rendeva più veloce e leggera soprattutto nei lunghi spostamenti. Ne troviamo una raffigurazione sul bassorilievo calcareo che si incontra salendo all’Acropoli e in uno degli edifici storici del centro meglio conservati, la Casa del Capitano. Il portone di ingresso è ricco di decorazioni floreali e geometriche. Il numero di petali dei fiori scolpiti indicava l’importanza del Capitano, più petali più navi. All’interno è particolare la camera da letto, una stanza in mattoni che si affaccia sul mare.

L’Acropoli, situata su una collina di 116 metri a precipizio sul mare, racchiude il tempio dorico di Athena Lindia risalente al IV secolo a.C. Vista da lontano richiama la forma del Pi greco, forse un riferimento non casuale ma voluto per indicare qualcosa di ben definito e circoscritto.

Si raggiunge percorrendo una scalinata di 300 gradini. All’inizio della salita troviamo, incisa nella roccia, un’opera risalente al secondo secolo d.C. dello scultore greco Pitocrito, che rappresenta la poppa di una trimolia, base e unico frammento rimasto di un bassorilievo dedicato ad Agesandros, eroe locale e comandante della flotta di Rodi. A Pitocrito viene attribuita anche la Nike di Samotracia, oggi esposta al Louvre e famosa per aver ispirato un noto marchio di abbigliamento sportivo.

La struttura dell’Acropoli si espande su tre livelli e percorrerli è un po’ come una catarsi, una purificazione dell’anima. Dopo aver percorso la prima parte della scalinata che costeggia il primo livello, davanti a noi si erge maestosa la stoa (portico) dorica: un edificio monumentale composto da 42 colonne doriche (oggi ne restano solo 24), disposte su due file e con al centro le stanze dei funzionari religiosi della dea.

La vista è mozzafiato, il bianco della pietra contrasta con l’azzurro del cielo e soprattutto del mare che è sotto di noi. La stoa era anche il luogo dove si raccoglievano le offerte per la dea e, come spesso accade con i greci, nulla è lasciato al caso.

Gli spazi così ampi sono fatti appositamente per sorprendere l’antico visitatore (e anche il moderno), per contenere la sua paura e, allo stesso tempo, per prepararlo a raggiungere il terzo e ultimo livello della struttura. Un luogo dove in passato si poteva accedere solo dopo essersi purificati, perché era questo il luogo in cui si era più vicini alla dea.

Di questo livello è rimasto ben poco ma la nostra Spiri ci spiega che qui si ergeva maestosa la statua tutta in oro e avorio di Atena, la dea della sapienza, delle arti, della tessitura e della strategia militare (la parte nobile della guerra, quella cattiva e violenta era relegata ad Ares).

Sporgendosi dalle mura dell’Acropoli si scorge la spiaggia di AgiosPavlos dove si narra sbarcò San Paolo. La spiaggia, all’interno della piccola baia, è di soffice sabbia dorata ed è circondata da promontori rocciosi e spogli. Quasi incastonata nelle rocce, si affaccia sul mare cristallino e di un blu intenso, una chiesetta bianca dedicata all’apostolo, che spesso è utilizzata come location per matrimoni.

Seconda tappa del nostro viaggio è stata Rodi. Sempre accompagnati da Spiritulla, visitiamo la città medievale che si trova all’interno di una cinta muraria lunga quattro chilometri. La Città Alta è uno dei più bei complessi urbani del periodo gotico, con il Palazzo dei Grandi Maestri, il Grande Ospedale e la Via dei Cavalieri, mentre nella Città Bassa l’architettura prevalente è araba e bizantina con moschee, bagni pubblici e altri edifici risalenti al periodo ottomano (dominazione, dal 1522 al 1912, che ha seguito quella dei Cavalieri e preceduto quella italiana).

All’ingresso della città si ergeva una delle sette meraviglie del mondo antico, il Colosso di Rodi, gigantesca rappresentazione in bronzo del dio Helios (il sole), alta trenta metri. Costruita nel terzo secolo avanti Cristo, fu distrutta sessantasei anni dopo da un forte terremoto.

La città possiede otto entrate, proprio come le otto lingue parlate dai Cavalieri di Malta, una denominazione abbreviata dell’ordine religioso dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta (detti anche Cavalieri Ospedalieri), nata ai tempi delle Crociate e ancora oggi operante come istituzione internazionale legata al Vaticano, divisa in ceti e guidata da un Luogotenente di Gran Maestro.

I Cavalieri, di ritorno dalle Crociate si rifugiarono a Cipro e poi si stabilirono nell’isola di Rodi, dove rimasero dal 1309 al 1522, trasformando la città in una roccaforte.

Una passeggiata tra gli stretti vicoli ancora intatti della città vecchia, permette di godere la bellezza del posto e di calarsi completamente nell’atmosfera medievale che si amalgama alle architetture edificate sotto il dominio turco e italiano.

Tra gli edifici visitati merita una segnalazione il Palazzo dei Grandi Maestri o dei Cavalieri. Nasce come fortezza nel XIV secolo, viene poi ricostruito durante l’occupazione italiana (Rodi e altre isole dell’Egeo furono colonie italiane dal 1912 al 1943; denominata provincia a Rodi fu assegnata anche una targa automobilistica: RD).  Doveva accogliere Mussolini in una visita che non avvenne perché il restauro si completò solamente nel 1940, a guerra ormai iniziata. Al suo interno preziosi mosaici di Kos abbelliscono le sale, che custodiscono magnifici vasi giapponesi, doni dell’imperatore Hirohito al duce.

Al centro di una delle piazze principali di Rodi, dalla quale si diramano le vie principali per lo shopping, si trova una bellissima fontana dall’acqua color turchese. Più di un abitante ci ha invitato a berla.

Vista la nostra esitazione, ci hanno spiegato l’importanza di quel gesto. Jean Cocteau diceva: “Chi ha bevuto l’acqua delle fontane di Rodi, a Rodi sempre tornerà”. é la nostra speranza.

Testi e foto: Elena Segesta