Caro Diario: I volti degli Stati Uniti

Pensavo che il sud degli USA fosse il posto più accogliente del mondo. Anni dopo iniziai a pensare che potesse anche essere vero, ma solo se sei bianco, cristiano e repubblicano.

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“Caro diario, sono sull’aereo della Delta Airlines, in volo per Atlanta, USA. Da lì, una volta atterrato, salirò su un secondo aereo, con destinazione finale: Little Rock, Arkansas”

Così scrivevo sulla prima pagina di un piccolo quaderno, la mattina del 7 Agosto 2011. A sedici anni lasciavo la mia casa in Italia, per andare a vivere un intero anno nel profondo sud degli Stati Uniti d’America. Non avevo mai viaggiato da solo, se non per brevi tratte o periodi, e quel momento, forse per tutti i film che avevo visto, mi sembrava degno di essere ricordato.

In quell’anno iniziavano le mie passioni per i viaggi e per la scrittura, ma questa, forse, è un’altra storia.

“All’arrivo in aeroporto, ad attendermi, c’erano tutte le famiglie che mi ospiteranno, con vari amici e parenti. Sembrava che tutta Little Rock fosse lì per me! Questa è la vera southern hospitality di cui mi hanno tanto parlato.”

Quello che conoscevo degli Stati Uniti, ai tempi, era quello che il cinema di Hollywood ci può insegnare: giocatori di football, cheerleaders, cowboys, pickup e il concetto della terra della libertà e del sogno americano. Effettivamente i miei ricordi di quel posto e di quella vita rispecchiano i migliori stereotipi, anche sotto il punto di vista dell’ospitalità del sud. Tutti ti parlano, ti salutano, ti ringraziano. Pensavo che il sud degli USA fosse il posto più accogliente del mondo. Anni dopo iniziai a pensare che potesse anche essere vero, ma solo se sei bianco, cristiano e repubblicano.

Nella ottima Highschool che frequentavo, in tutto, c’erano solo due ragazzi afroamericani. Il me stesso di 16 anni non ci faceva caso, d’altronde venivo da un liceo italiano dove di diversità non c’era traccia. Nell’Arkansas, però, come nel resto degli Stati Uniti del sud, la percentuale di popolazione che appartiene alle cosiddette minoranze è assai più alta rispetto a quella a cui potessi essere abituato a Milano.

I problemi di divario sociale degli afroamericani sono, ormai, sotto gli occhi di tutto il mondo. Il movimento di Black Lives Matters continua a manifestare nel tentativo di sensibilizzare le masse e, conseguentemente, il sistema. Ma fino ad ora poco è cambiato, le vite nere continuano a contare di meno per molte persone.

L’Arkansas, inoltre, si trova all’interno di quella che viene definita la Bible Belt, dove il cristianesimo protestante influenza quasi tutti gli aspetti della vita delle persone.

Ricordo che, un pomeriggio di dicembre, ero a casa di una compagna di scuola, per un progetto che dovevamo consegnare il lunedì successivo. La madre di questa ragazza era insegnante di scuola materna e mi aveva chiesto se poteva farmi delle domande riguardo le tradizioni natalizie in Italia, per poi raccontarle ai suoi alunni. Tra tutte le cose che le raccontai, dissi anche che a volte andavo alla messa della mezzanotte con i miei nonni e mia madre.

Lei, con uno sguardo piuttosto preoccupato, mi aveva chiesto: “E tuo padre? Non viene anche lui con voi?”

“No, mio papà di solito resta a casa e appena torniamo apriamo tutti assieme i regali” risposi senza pensarci.

“Ma lui non è credente?”

“No…”

A quel punto lei, estremamente mortificata, iniziò a dirmi che le dispiaceva e che avrebbe pregato per lui e per la nostra famiglia, come se mio padre soffrisse di qualche malattia incurabile.

Non sapevo cosa dire e, forse, neanche capivo bene quale fosse il problema. Ad anni di distanza lo ricordo come il primo momento in cui il mio bagaglio culturale era andato a cozzare contro un’intolleranza, seppur ben mascherata e cordiale, della cultura della Bible Belt. Anni dopo tornai negli States, a Little Rock, a trovare i miei vecchi amici.

Riuscii a vedere pochi compagni di scuola perché la maggior parte era a frequentare il college in un’altra parte del paese. Mi sembrò di arrivare in un paese diverso, anche se forse ero io ad esserlo. In quell’occasione scoprii per la prima volta il nord ovest degli Stati Uniti, che, rispetto al sud, possiede un’anima decisamente più europea, più eterogenea. Lì ho conosciuto tante persone e tante diverse facce di un unico paese. Tante storie ancora da raccontare.

Negli anni ho imparato a conoscere luci ed ombre degli USA e ho sviluppato, nei suoi confronti, un rapporto di odi et amo. Nonostante tutto, occuperà sempre un posto importante nella mia vita.