Dimore provvisorie

Case abitate durante un viaggio o un’esperienza di lavoro, case mobili per antiche tradizioni o per un turismo nomade, case del ricordo e della fantasia.

Restate a casa! Lo stanno ripetendo da settimane in varie forme, dal consiglio all’ordine. Così, che lo si voglia o meno, stiamo riscoprendo nello spazio-casa quella che è stata la nostra prima esperienza di confine, il luogo dell’infanzia che ci ha fatto conoscere il significato di termini come dentro e fuori.

Un confine che in questi giorni sembra confondersi perché a volte sentiamo la casa come rifugio e altre come prigione. Sensazioni che non sempre riusciamo a definire.

Nella lingua inglese ci sono due parole per indicare casa: house e home. La prima viene usata per indicare un edificio, una costruzione fisica, un luogo da abitare, mentre con home si fa riferimento a un ambiente familiare, a un’intimità, un luogo affettivo più che materiale.
Il parallelo è forse un po’ forzato ma nasce dall’origine etimologica (germanica) dei due termini, home deriva da villaggio, comunità di uomini; house da nascondersi, scappare. Rifugio e prigione.

La casa è un luogo che amiamo e odiamo proprio per la sua quotidianità che ci fa vivere sospesi tra protezione e libertà. È lo schermo protettivo per tenere distanti le paure, e contemporaneamente il limite ai nostri sogni di evasione.

In questi giorni di chiusura e di sospensione, dove è difficile programmare e anche solo pensare a nuovi viaggi, vi invitiamo ad abbassare le difese e a percorrere piccoli sentieri di fuga attraverso i nostri racconti sul sentirsi a casa anche nei luoghi lontani, in cui sognare di ritornare. Dimore provvisorie, temporanee, rimaste home nella nostra memoria.