Il confine

“Spiegatemi voi dunque,‎ in prosa od in versetti,‎
perché il cielo è uno solo e la terra è tutta a pezzetti.‎”

Gianni Rodari

Inizia con un sorriso la nostra riflessione sul tema del confine. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Dellumanoerrare non fa eccezione e, senza perdere nessuna delle sue peculiarità, si modifica. Il numero bimestrale diventerà tematico e i vari autori racconteranno i propri e particolari percorsi intorno ad un cardine comune, di volta in volta differente.

Iniziamo con il tema del confine, perché, in fondo, vicino all’essenza della rivista. Anche Dellumanoerrare ha, in sé, l’idea di un confine, semantico e non, tra l’errare in quanto sbagliare e l’errare come attività dell’uomo che, viaggiando, scopre; confine che però diviene labile e sfuma, fino a scomparire, fino a dirci che solo chi cammina conosce, ma chi cammina, inevitabilmente, prima o poi inciampa, fino a farci vedere la bellezza dell’essere umani tanto nel procedere quanto nel cadere.

In questo numero esploreremo la tendenza umana a porre linee di demarcazione che separano persone, cose, città. Incontreremo anche confini creati dalla natura: in primo luogo in Dancalia, la terra destinata ad essere sepolta da un nuovo oceano “che separerà la parte orientale dell’Africa” dal resto di essa, “oggi frontiera di un mondo sconosciuto a molti, domani confine di un nuovo continente”.

In secondo luogo in Islanda, accompagnati da una guida turistica, nella pianura del parco nazionale di Thingvellir. C’è davvero la possibilità che l’Islanda si trasformi in due isole separate, a causa dei movimenti tettonici, creando un nuovo confine geopolitico tra Europa o America?

Ma ancora prima, accadrà mai “che un giorno i confini geografici che la natura impone all’uomo” resteranno tali “semplici e fondamentali per quello che sono, senza dare luogo o – peggio – giustificare la formazione di confini politici, frontiere, barriere, muri”?
Non lontano da questa domanda arrivano quelle dell’Irlanda, dove “un vento calmo soffia, da tempo, sul confine più caldo d’Europa”.

Cosa ci dice l’inno della Repubblica d’Irlanda della storia di questo paese, dai confini rigidi e i paesaggi incontaminati?
Lasciate le terre fredde, ma sempre con le tasche piene di domande, andremo a La Paz, ad interrogarci sul mare boliviano, sulla sua storia e sulle divisioni tra boliviani e cileni. Cosa significano tutti quei “cartelloni nei quali si parla di mare e Bolivia?”. Ci muoveremo tra confini che ne riflettono altri, lontani e diversi, dove tutto però risuona più forte e chiaro “amplificato dalla vicinanza col proprio opposto”.

Cammineremo, poi, tra le strade di Belchite tra ciò che divide il nuovo e l’antico, rovine portare dalla guerra, sentieri di un paese vecchio dove “non gironzolano più i ragazzi e non si sentiranno più le danze che cantavano i nostri padri”.

Giungeremo a Cipro, dove i muri, davvero, ascoltano e raccontano la storia dell’ultima capitale in Europa “ad essere divisa in due da un muro di cemento e filo spinato”. Qui c’è, però, anche chi cerca un dialogo interculturale che “superi qualunque barriera concettuale e sviluppi una solida base su cui costruire un futuro comune e condiviso”.

Altri muri, ancora, sono quelli concettuali, fatti di linee immaginarie, che dividono i popoli in Zambia e Malawi. Come declinare in Africa il concetto, del tutto europeo, di confine ufficiale tra due Stati? “Nel distretto di Chipata si trovano principalmente quattro tribù: i Chewa, i Tumbuka, i Ngoni e i Nsenga”, cosa li unisce e cosa, invece, li divide?

Confine, diceva il cartello. Cercai la dogana. Non c’era.
Non vidi, dietro il cancello, ombra di terra straniera.”

Giorgio Caproni