Siena e la Pioggia

Accompagnati dal suono del parlar toscano, percorriamo Vicolo San Pietro, uno dei tanti vicoli che disegnano la città, ed ecco Piazza del Campo, una piazza in discesa.

Piazza del Campo, Siena - Dellumanoerrare

È un giorno di inizio ottobre. Il sole è nascosto, da qualche parte, dietro le nuvole grigie che ricoprono il cielo. Volterra è comunque bellissima, anche sotto la pioggia. Noi due ci guardiamo, siamo due milanesi, alla natura non ci siamo così abituati.

Le colline toscane sono una culla, segreta e al tempo stesso comune. E anche i tetti della città sono accoglienti, sono più caldi di un palazzo di centro città.

“Vi siete behhati un bel tempaccio eh, c’avete portato la pioggia”, le sorrise parolette della barista si accompagnano al caffè.

– Bello l’accento toscano però, vero?
– Bellissimo.

Sono le dieci e mezza del mattino, la nostra città è lontana, le nostre case anche, il rumore dei problemi non si sente, è rimasto dietro alle colline. I nostri cuori sono vicini. Prendiamo la macchina e partiamo da Volterra. I Mumford & Sons ci accompagnano:

You heard my voice, I came out of the woods by choice, shelter also gave their shade. But in the dark I have no name…But hold me fast, hold me fast ‘cause I’m a hopeless wanderer…”.

– Secondo te perché si viaggia?
– Mah non so, personalmente adoro conoscere luoghi nuovi, parlare con persone diverse, magari venire a contatto con una cultura o un modo differenti di vivere rispetto al mio. Tu che pensi?
– Non so.

“Siena” dice un cartello. Arriviamo al parcheggio dello Stadio, secondo il dire comune è il parcheggio più comodo. Piove, prima in maniera rada poi, sempre più forte.

– Aspetta.
ci fermiamo a metà della scala che collega il parcheggio dello Stadio ad una piazza
– Cosa?
– Faccio una corsa a prendere l’ombrello.

A me gli ombrelli non sono mai piaciuti. Sono scomodi, si rompono sempre o si incastrano da qualche parte, no io l’ombrello non lo uso, sono contro. Mi tiro su il cappuccio della giacca a vento.

– Ma questa sarebbe Piazza del Campo?

– Ma secondo te? Abbi pazienza che ci arriviamo, vieni sotto l’ombrello intanto.
– No sto bene così, andiamo avanti
– Se poi ti lamenti che hai freddo, sei stanca e vuoi tornare, torni da sola però.
– Va bene, va bene, fammi spazio.

Sotto l’ombrello in effetti fa un po’ più caldo. Sorrido.

Capisco subito una cosa di Siena: è piena di vicoli. Siena è un vicolo unico, dove ti giri ne trovi uno, che si ricollega ad un altro per ricollegarsi al precedente e così via. Sorrido ancora, mi ricorda un po’ Genova, penso, la mia città preferita.

Alla fine l’essere umano conosce per analogie, per comparazione, confronta e assimila ed inevitabilmente paragona tutto ciò che gli è esterno con se stesso. E così conoscendo finisce per conoscersi un po’ di più anche lui.

-Ti sei imbambolata?
– Sì scusa, stavo pensando.
– Dai che abbiamo un sacco di cose da vedere!

Vicolo del Rustichetto. Poi un vicolo pieno di bandiere, di colori, altri vicoli e poi un viale enorme. Una enorme strada maestra, sulla quale si affacciano un milione di viuzze collaterali, come Via Dei Portami. Procediamo lungo quella strada, costellata di stradine e piazzette. Vicolo San Pietro.

– Per di qui? Ci siamo quasi vero?
– Sì, vai.

Piazza del Campo.
– Ma l’è in dishesa?
dico scherzando sull’accento, ma seria nei fatti
– Eh sì, ‘un lo vedi? Procede verso il basso e confluisce verso l’’edificio principale
– Ma è una conchiglia.
– Tipo, sì.
– Sai come si chiama questa fontana? Si chiama come te!
Fonte Gaia.

Inaugurata nel 1346, sai perché si chiama Gaia? Perché quando i senesi videro l’acqua sgorgare in mezzo alla piazza furono presi da una felicità che rimase nella storia, così gaia, gioia, felicità.
– Mi piasce, disci!
Mostro il mio apprezzamento facendo il verso ad Alessandro Borghese
– La fontana è imponente, ricca di rilievi opera di Jacopo della Quercia
– Ma chè hai studiato?
– Mi sono preparato.
– Bene, guida, quello cos’è?
– Quello lì, l’è l’edificio principale, ci confluisce la piazza, l’è il Palazzo Pubblico con il Museo Civico e la torre del Mangia, siamo nel XIV secolo. È tipo alta 102 metri.
– 102?
– Sì, è una delle torri più alte d’Italia. Pare che in altezza raggiunga il campanile del Duomo, anche se di fatto questa si trova più in basso, per simboleggiare l’equilibrio tra il potere temporale e quello divino
– Ma perché del “Mangia?
– Perché i toscani danno soprannomi a tutti e pare che uno dei primi campanari fosse particolarmente dedito al vizio della gola, insomma… gli piaceva magnà, e cosi l’hanno chiamato il Mangia e la torre l’è rimasta soprannominata così da lui. Però ora non fare più domande che le cose che so su questo sono finite.

Procediamo, ora verso vicolo San Salvatore. Da che parte andiamo? Ecco, Siena non è per le persone indecise. Ogni via si biforca, ogni strada ne propone altre, ogni passo è una decisione.

Andiamo per Costa Larga? Va bene. Le segnalazioni delle vie si susseguono, una dopo l’altra, veloci come i vagoni di un treno. Una bimba salta in una pozzanghera. Una donna indossa un lungo abito bianco. Sta piovendo.

Penso a quel racconto di Fenoglio, Pioggia e la Sposa. Siena e la Pioggia. Mi sono persa nei miei pensieri e mi ritrovo in via del Capitano. Sbuchiamo in piazza del Duomo.

Righe, righe ovunque.

– Questo è il Duomo!
– Eh, ma duva l’è la Madonina?
– Oh figliola, qui siam miha a Milano, boia deh

Ridiamo. Intanto piove.

– È del XIII secolo sai? Forse anche precedente.
– Spettacolo, pensa quanti occhi l’hanno guardato.
– Milioni immagino.
– Anche quelli di Cecco Angiolieri.
– Chiaro, poi ci hanno lavorato Bernini, Pisano e altri. Entriamo?
– Si paga?
– Eh sì.
– Alla fine è bella anche così, da fuori, no?
– Sì, godiamoci la città.

Ridiamo. Intanto piove. Quando torneremo in macchina guarderemo le foto dell’interno della Chiesa, decideremo che torneremo e che entreremo, ne varrà la pena.

Camminiamo ancora, tra i vicoli. Mi stupisce il fatto di vedere segnate le contrade per le vie della città, ancora di più il fatto che ogni tanto, ad un angolo di strada, magari sotto il balcone di una casa, si possa trovare il box di un cavallo. Ci fermiamo all’ennesimo che vediamo.

– Scusi ma qui ci vengono i cavalli?
– Sì ma solo durante il palio.
Ci dice l’uomo che sta pulendo, con un panno, una testiera in cuoio
– E stanno qui, in centro, nel mezzo della città?
– Certo ragazzi, per noi è assolutamente normale.
– E qual è, per curiosità, la contrada più forte?
– La nostra, ovviamente.
Ovviamente.

Ridiamo. Camminiamo. Intanto piove.

Si sta facendo tardi. Ci siamo dimenticati di pranzare, ci siamo nutriti di bellezza oggi. Ma lo stomaco adesso chiama. Vineria Tirabusciò. Ceniamo. Un crostone con cacio e pepe, siamo di fretta. Dobbiamo tornare.

Un bicchiere di vino e ci rimettiamo in cammino tra i vicoli in salita e in discesa della città che inizia ad indossare il mantello della sera.

Un uomo seduto all’angolo di una via suona una fisarmonica e canta.

E mentre Siena dorme tutto tace, e la luna illumina la torre

senti nel buio, sola nella pace, sommessa Fontegaia, che canta una canzon d’amore e di passion

Nella Piazza del Campo ci nasce la verbena, viva la nostra Siena,

viva la nostra Siena!

Nella Piazza del Campo ci nasce la verbena, viva la nostra Siena,

la più bella delle città!